di Michele Castrini – da Giardini n. 279
Iniziamo con l’aspetto più ovvio della messa a dimora delle rose: una volta piantumata, la nostra amata pianta vivrà probabilmente il suo intero ciclo vitale nella stessa posizione. Può risultare scontato affermarlo, ma occorre ribadire la condizione di immobilità delle piante in giardino. Una volta poste a dimora, gli elementi ambientali positivi (e negativi), condizioneranno continuamente la vita dei nostri arbusti. La messa a dimora delle rose da questo punto di vista è fondamentale per il loro futuro. Se è vero che in termini generali le rose sono arbusti che ben si adattano ai contesti più disparati, rispettarne le caratteristiche intrinseche garantirà nel tempo il loro ottimale sviluppo, con risultati migliori anche dal punto di vista estetico. Una volta messa a dimora la nostra rosa vivrà con noi molti anni, ma le soddisfazioni che ci possono dare queste piante così generose, dipendono anche dagli accorgimenti che adotteremo coltivandole.
Il posto giusto
Quali sono gli elementi secondo i quali un posto risulta adatto alla nostra rosa?
Sicuramente è da preferire una posizione soleggiata (almeno mezza giornata di luce diretta) e con buona circolazione di aria. Conviene quindi osservare nell’arco di un’intera giornata il luogo deputato alla messa a dimora della nostra pianta. Qual è l’esposizione rispetto ai punti cardinali? E’ un luogo che risulta molto umido nelle prime ore della mattina? Ci sono chiome importanti che proiettano la loro ombra nell’arco della giornata? Se è noto che alcune rose vengano indicate in letteratura come adatte all’ombra, nessuna rosa è in grado di produrre più fiori in posizioni ombreggiate, rispetto a quelle che giovano di almeno mezza giornata di luce diretta. La nostra osservazione, circa il luogo di impianto, deve concentrarsi anche su eventuali problemi legati alla scarsa circolazione d’aria. Troppa vicinanza a muretti, pareti o altre strutture, oppure altri arbusti grandi quanto o più delle rose, determinano una minore circolazione di aria intorno alla pianta, favorendo l’insorgere di malattie fungine e attacchi parassitari. Per la nostra esperienza, le rose che vivono nelle posizioni meno adatte sopra citate, assumono nel tempo un aspetto debilitato, con fioriture scarse e ripetuti fenomeni di attacchi fungini e parassitari. Trattiamo quindi la cosiddetta “regina dei fiori” con le dovute maniere, lasciandola primeggiare in giardino.
Il suolo
Mentre l’esposizione a luce e aria è un elemento praticamente fisso durante le stagioni, il suolo e le sue caratteristiche sono in continua mutazione. I processi fisici e chimici che ci interessano per la coltivazione, vengono modificati con gli ammendanti e i concimi che utilizzeremo per migliorare la struttura del terreno e la disponibilità di sostanze nutritive per la pianta. Anche in questo caso, la differenza tra una rosa accettabile e una rosa prospera e ben “nutrita”, dipende proprio da quanto ci impegneremo a creare le migliori condizioni di partenza per il nostro arbusto. Com’è noto, il giardiniere coltiva il terreno, prima della pianta.
Il periodo della messa a dimora
Mentre le rose che reperiamo in commercio a radice nuda si possono piantumare solamente da novembre a febbraio, le rose fornite in vaso non hanno particolari problemi di ripresa vegetativa durante tutto l’anno. Successivamente alla messa a dimora, la rosa avrà un periodo di attecchimento, durante il quale la pianta sarà maggiormente sensibile alla mancanza d’acqua. Per questo motivo è comunque consigliabile porre a dimora le piante evitando la stagione estiva: primavera, inverno e autunno, oltre a temperature favorevoli alla vegetazione delle piante, garantiscono solitamente le adeguate bagnature, con le piogge stagionali. Durante la stagione fredda, avremo cura solamente di evitare giornate di forte gelo o durante le quali il suolo si presenta eccessivamente imbibito dalle piogge.
Cosa ci servirà
Oltre alla nostra rosa, ci procureremo del buon terriccio (evitiamo alle rose i terricci troppo sminuzzati e “polverosi”, che si compattano troppo, spesso provocando marciumi radicali e altri fenomeni sgraditi), della cornunghia e del cuoio pellettato. La cornunghia è un concime e ammendante che rilascia le sostanze nutritive per la pianta molto lentamente. Posta in fondo alla buca che andremo a scavare, alimenterà le radici della pianta per molto tempo. Utilizzeremo insieme alla cornunghia del cuoio pellettato, o dermazoto, per il resto della buca. Impiegheremo questi due concimi organici perché, rispetto ai concimi minerali o di sintesi (i vari granulari azzurri, rosa, ecc.), hanno anche una funzione ammendante, ovvero oltre ad “alimentare” la pianta, migliorano anche la struttura del terreno. Useremo i concimi minerali o di sintesi, al caso, durante la bella stagione, sparsi sopra la terra della buca. Infine ci serviranno per la piantumazione anche una carriola per mescolare i nostri “ingredienti”, una vanga e un annaffiatoio.
Dunque, iniziamo
Scaviamo una buca di dimensioni generose. Peggiori sono le condizioni di partenza del suolo (troppo argilloso, con troppi detriti, povero, ecc.), maggiore sarà l’ampiezza consigliabile della buca. Una quarantina di centimetri per ogni lato è già una bella buca. Scartiamo lo strato superficiale inerbito del terreno, scartiamo pure la terra del fondo della buca e utilizziamo il resto della terra per creare un composto contenente anche qualche manciata di concime organico (cornunghia, letame pellettato, cuoio pellettato) e del buon terriccio torboso, meglio se contenente qualche inerte (lapillo vulcanico, pomice, ecc.). Aperta la buca, se constatiamo che il terreno è parecchio argilloso o notiamo che tende a trattenere molta acqua, gettiamo sul fondo della buca ciottoli e sassolini, a formare un sottofondo drenante. Posiamo poi un primo strato del composto che avremo preparato con metà terra di scavo, metà terriccio e qualche buona manciata di concime organico. Aggiungiamo a parte, sopra il nostro composto, qualche manciata di cornunghia, che avremo cura di coprire e mescolare aggiungendo ancora altro composto, evitando così che la cornunghia entri a contatto diretto con le radici del pane di terra della nostra rosa. A questo punto posiamo la rosa, piazzandola al centro delle buca, in modo che l’innesto o comunque il colletto della pianta risulti al livello del suolo circostante, o appena al di sotto. Iniziamo quindi a riempiri gli spazi tra il pane di terra dela rosa e le pareti dello scavo, utilizzando tutto il nostro composto, pressandolo in modo da non lasciare vuoti. Arrivati a metà buca annaffiamo con 2-3 litri la rosa e il composto intorno, per poi finire di colmare lo scavo del tutto. Con l’aiuto di un vanghetto, fresiamo leggermente la terra intorno alla buca, e pestiamo con i piedi intorno al colletto della pianta, creando una depressione che servirà anche a raccogliere le acque delle future piogge e bagnature.
Da ultimo annaffiamo abbondantemente e ripetutamente, a brevi intervalli, la nostra rosa. Nelle prime settimane, e per la prima stagione, le bagnature avranno un ruolo fondamentale per l’attecchimento della pianta: consigliamo di bagnare abbondantemente la pianta, per poi ripetere l’annaffiatura non appena lo strato superficiale del terreno si sarà asciugato. Delle zappettature durante la stagione calda ottimizzeranno le nostre bagnature, oltre ad evitare alla nostra pianta la concorrenza delle malerbe.
Michele Castrini
Vivaio La rosa del Borghetto
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